
LA STORIA DI WELDA
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Non ho più voglia di rimpicciolirmi
Dopo il diploma, ho iniziato a lavorare come contabile in uno studio di commercialisti. Per anni ho seguito il percorso “giusto”, quello che sembrava sicuro. Ma dentro di me cresceva una voce. Una voce che diceva che non era quello il mio posto.
Così ho deciso di iscrivermi a un corso in università di moda. E da lì, durante la tesi, è nata Welda: un piccolo progetto che parlava di creatività, di libertà, di me.
Nel frattempo lavoravo. Prima a Milano, poi vicino a casa come consulente marketing. Un nuovo inizio, pensavo. Ma è lì che è iniziato il mio vero punto di rottura.
Ogni giorno mi sentivo sempre più piccola. Lavoravo fino alle 8, alle 9 di sera. A volte fino alle 4 di notte.
Per cercare approvazione. Per non deludere. Perché mi dicevano che non era mai abbastanza.
Ricevevo email a mezzanotte. Mi trattenevano con un tono che sapeva di svalutazione, non di guida. E io continuavo a stringere i denti. A dimostrare. A sacrificare me stessa per far contenti gli altri. Ma non bastava mai.
Finché un giorno ho capito: non dovevo bastare a loro. Dovevo bastare a me.
Così ho lasciato tutto. E sono tornata a Welda.
Non come progetto accademico, ma come spazio reale, mio, vivo.
Welda è nata così.
Come risposta a chi mi voleva diversa, più silenziosa, più docile, meno “tanto”.
È nata per ricordarmi — e ricordarti — che non serve farsi piccole per entrare in uno spazio.
Possiamo crearne uno nostro.
E farlo brillare.
Welda parla di forza, di identità, di bellezza autentica.
Parla di chi ha scelto di non adattarsi, ma di essere.
Parla di tutte quelle volte in cui ci siamo sentite fuori posto… e abbiamo capito che era il posto a essere troppo stretto per noi.
Benvenuta in Welda.
Qui non devi chiedere il permesso di brillare.